L'ho fatto nel 2011, lo faccio anche nel 2012.
Il 2012 è stato l'anno dei traguardi, in cui ho stretto i denti per raggiungere gli obiettivi che mi ero prefissata.
La laurea, soprattutto, che mi ha portato un nuovo lavoro. Una figata di nuovo lavoro, alla faccia della disoccupazione e degli stage non retribuiti. Con un capo che mi sta dando tanto anche a livello umano. Sono soddisfatta e piena di stimoli per provare a costruire il mio futuro.
Quest'anno dovrò decidere dove voglio andare, cosa voglio fare da grande. Perché, per figo che sia, il nuovo lavoro è nato per essere precario. Posso buttarmi in un dottorato, o in un master, e quindi prepararmi a queste nuove sfide. Perché lanciarsi in questo mondo significa iniziare una specie di scalata, che non so se sono disposta a fare (v. paragrafo successivo). Oppure posso lasciare perdere il mondo universitario, e provare ad entrare nel mondo sempre più chiuso dei professionisti, idea che però mi piace sempre meno.
Il 2012 è stato anche l'anno dei sacrifici. E della delusione.
La vita sociale si è assottigliata sempre più, fino a sparire. Delle frequenti serate festose del 2011 rimangono solo sbiaditissimi e rarissimi revival, decimati per colpa dei ritmi pressanti di studio. E uno non può vivere così, io non posso. Io ho bisogno di uscire, fare, vedere gente. Altrimenti impazzisco, m'intristisco e cado nel gorgo dei pensieri bui. Solo gli incontri e la vita possono tenermi in piedi. Devo trovare un equilibrio tra "la scalata" e tutto il resto. Non voglio scegliere tra una cosa e l'altra, perché sarei in ogni caso lacerata.
E poi c'è stata l'inaspettatissima batosta del Pupo mio bellissimo. Che se n'è parlato fin troppo, ma è davvero brutto essere abbandonati e delusi dalla persona per cui saresti consapevolmente, felicemente ed incredibilmente pronta ad investire tutto. Io credevo in un futuro, lui no. Per la prima volta ho dovuto accettare una fine che io non sentivo minimamente.
E poi c'è stato il viaggio di fine settembre al Sud. Mi ha schiaffeggiata, quel viaggio, mostrandomi che vivo in un microcosmo troppo piccolo e troppo chiuso. Ho bisogno di più scambi e contaminazioni. Ho bisogno di addestrarmi a questo. Sviluppo pensieri tristi, attaccamenti e frustrazioni solo perché, pur sapendo di vivere in un grande mondo pieno di possibilità, sono sacrificata in un angolo dove ne arrivano ben poche. E sento l'angoscia. E salto, scoordinata, per saltare il muro che mi separa dal resto. Ma finora è sempre un po' troppo alto, quel muro.
Viviamo tutti tendenzialmente in un piccolo mondo, viaggiare (e non solo al chiuso di resort o villaggi) è un tuffo nella realtà nons empre piacevole ma che ...ci regala veris chiaffi di vita a cui poi non si sa più rinunciare... E' successo a me in Sicilia a settembre, così come ogni anno quando vado in un Paese cosidetto dell'est e mi trovo in un villaggio di zingaro o al cospetto di una centrale nucleare o di fronte a un monumento alla Resistenza con sempre bellissimi e freschi fiori rossi, nonostante tutto...
RispondiEliminaQui dove abito io il lavoro è morto, ioa vverto un grand esilenzio interiore negli ultimi mesi, e mi da un fastidio... una tortura, la fine della creatività, la mancanza di bisogni primari, il surplus di tutto..ma si continua a sperare in un lavoro (solo per soldi), si continua c ompare cose inutili che vanno a riempire ilv uoto di uan vita sempre meno libera..
Nessun giocattolo e nessun abito potrò calmare la mia rabbia verso questo mondo violentato dall'asfalto, dal cemento, dalle reti di palstica ranacione..tutta questa bruttezza è il segno della mafia diffusa, della speculazione che presto o tardi ci porterà di fronte alla vera crisi economica, e quando nons arà restata neanche la libertà di farsi un orto cons emi fertili allora i nostri orizzonti si allargheranno davvero in modo luminoso, peccato che saqrà tardi per cominciare a vivere davvero..
@sere
Eliminaio dell'est ho visto solo Istanbul, e ne sono rimasta davvero affascinata... e i paeselli devono essere ancora un altro mondo!
Non tormentarti Sere, e anche se detto da me sembra un paradosso, abbiamo il dovere di volerci bene.
Hai ragione però... è un po' come indossare un bel vestito a fiorellini e poi andare a fare un giro in una discarica. Volersi bene in un mondo brutto non è come volersi bene in un mondo bello e magari..sano!
EliminaIstambul è un sohno, nel senso che sogno di andarci prima o poi..beata te che cis ei stata..anche s ele grandi città mi spaventano un po'!
serena (madhouse..sto usando un'altro profilo, che ho da mettermi in pari con la posta del circolo, che hanno minacciato di mandarmi in siberia, che poi a primavera non mi dispiacerebbe mica nadarci!!ihihih)
quello che scrivi mi è molto affine... anch'io mi sento sacrificata in un angolo...
RispondiEliminail periodo che ho trascorso all'estero, infatti, è stato il periodo più pieno della mia vita, che mi ha fatto conoscere una marea di gente diversa e imparare tante cose. vorrei vivere sempre così, finché non sento che è l'ora di ripartire.
@clo
Eliminacapisco cosa senti, se non per il fatto che io quell'esperienza all'estero non l'ho mai fatta. credo che potrebbe bastarmi anche molto meno, in realtà. vorrei semplicemente avere qualche occasione in più per muovermi e incontrare persone, per crescere.
io so che un giorno......
RispondiEliminala mia pimpinella abbatterà, non salterà, quel muro!!!♥
@nadia
Elimina:)) yeeeeee!!!! baci ♥
RispondiEliminail magico mondo dei professionisti è precario uguale.
che te lo dico a fare.
il compromesso tra la carriera e la vita sociale, al paesello, nella mia risicatissima esperienza che ben sai, è abbattere la barriera del sonno, della stanchezza, della pigrizia, e tuffarsi nella vita in ogni ritaglio di tempo.
viaggiare quando si può.
gite fuori porta se non si può andare molto oltre.
porsi nuovi obiettivi, perchè non si può stagnare.
non ci si può accontentare, nemmeno dei successi pur notevoli che si riescono a conseguire.
e quel senso di "spreco" che ti attanaglia nell'essere relegata ad un posto nel quale giungono poche opportunità di vita lo avverto tale e quale anche io.
e a proposito di muri, pareti e scalate, ti anticipo l'ultima.
ho chiesto proprio stasera , ad una persona che conosco da una vita, di essere coinvolta nel programma del gruppo escursionisti/alpinisti/free climbers di cui fa parte, perchè (e perdonami le metafore, ma stasera sono troppo in vena) se maometto non va alla montagna è la montagna che va da maometto.
in questo caso viceversa.
visto che non sono maometto, la montagna vado a prendermela.
non si sa mai che mi imparo a scalare come si deve le montagne, anche metaforicamente parlando ;-)
@come.fossi.acqua
Eliminail precariato è la prospettiva migliore! almeno significa che nel presente esistono un lavoro e un qualche genere di stipendio... vedo molti miei compagni di università che pur di fare qualcosa accettano stage pagati zero, nella speranza che i loro capi poi decidano di assumerli :/
il dottorato mi spaventa perché sarebbero altri tre anni di vita vincolata/immolata alla costruzione di una carriera che non so se voglio davvero avere.
bello arrampicare! qua è uno sport in voga, ha una forte componente di concentrazione mentale, oltre che fisica. hai fatto proprio bene a lanciarti! :)
Non saltare il muro. Salta dal muro. Buttati. Magari scopri che sei capacissima di volare.
RispondiElimina@Giginho
EliminaCaro tu, uomo di parola, che commenti.
Magari sì, hai ragione... finora mi sentivo troppo fragile per rischiare, ma adesso, piano piano, sto recuperando un pò delle forze e dell' energia che servono per buttarsi.
Che poi lo sai che non vedo l'ora di buttarmi! :)
In pratica l'optimum è tenersi aperte più strade possibili, perciò si fa "zappa qua e zappa là", ché lo puoi / sai fare e alla fine approdi.
RispondiEliminaQuesto ti sta costando, ti costerà sacrifici e qualche rinuncia, ma fai dei tagli lineari. nel senso: se devi, taglia un po' dappertutto, senza sacrificare una cosa -mi riferisco, ad esempio, alla vita sociale- specifica.
Che poi pure là, vabbè, io meglio che sto zitta muta e rassegnata.
Secondo me, quasi antropologicamente, i viaggi fanno bene e fanno male proprio perché ti fanno conoscere mondi nuovi. Cose che nel proprio microcosmo non succedono e che -forse- si pensa non possano esistere. E invece. Tipo che tu vai in un posto e là gente esce per i cazzi propri e poi si formano grandi comitive e si sta tutti assieme perché è NORMALE.
Succedono cose strane in questo mondo, sopratutto al sud! Ché laà, la gente, ha una mentalità tutta sua, un modo di fare che inizialmente perplime -perplime- e allora ci sono varie reazioni possibili, e mi pare che -in fin dei conti- la tua, nonostante ti abbia dato spunti anche duri, è la più giusta.
La vita sociale è fondamentale, sì, anche perché è quella che fa superare le batoste che -inevitabilmente- spuntano a rompere il cazzo come se fosse antani.
Però, la cosa "bella" delle batoste è che poi ne arrivano altre, ma fanno meno male.
@michela
Eliminacome se fosse antani ♥
facce di merda ste batoste, evvaffanculo.
ti sto inconsapevolmente trapiantando la zenitudine?